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Tra gli eventi che nell’Antico Testamento prefigurano le verità rivelate nel Nuovo Testamento, spicca certamente la vicenda di Noè e della sua salvezza speciale. Noè viene ricordato per primo negli esempi di fede riportati al capitolo 11 della lettera agli Ebrei al versetto 7: “Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano e mosso da santo timore, preparò per la salvezza della sua famiglia l’arca, mediante la quale condannò il mondo e divenne erede della giustizia che si ottiene mediante la fede”. Gesù stesso richiamò l’attenzione dei contemporanei sulla vicenda del diluvio, per significare che la situazione dei tempi del patriarca era rimasta praticamente inalterata, e l’umanità sembra dimenticare ogni volta le grandi lezioni che Dio ha voluto dare nella storia. In Matteo 24, 37-39 Gesù paragona i tempi del diluvio con quelli della sua seconda venuta: “Ma come fu ai giorni di Noè, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio, le persone mangiavano, bevevano, si sposavano ed erano date in moglie, fino a quando Noè entrò nell’arca; e non si avvidero di nulla, finché venne il diluvio e li portò via tutti; così sarà pure alla venuta del Figlio dell’uomo”.

La storia di Noè e dell’arca è contenuta nella Genesi in pochi capitoli (6, 8 - 9, 29). Primogenito di Lamec, Noè fu ritenuto dalla nascita una consolante benedizione divina che ripagava l’uomo della grande fatica di lavorare la terra. Il momento storico di Noè è caratterizzato dallo sviluppo dell’iniquità fra gli uomini: “Ora l’Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che tutti i disegni dei pensieri del loro cuore non erano altro che male in ogni tempo” (Gn 6, 5). La malvagità degli uomini era salita ad un livello tale da far dire all’Eterno: “Lo spirito mio non contenderà per sempre con l’uomo . . . Io sterminerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato” (Gn 6, 3.7). Ma fra tanta malvagità c’era un uomo che brillava per la sua giustizia e per la sua integrità. Quest’uomo era proprio Noè che, per questo motivo, “trovò grazia agli occhi dell’Eterno” (v. 8). Per questo motivo la figura di Noè rimase indelebilmente impressa nella memoria del popolo ebraico, come un esempio da seguire e Pietro lo ricorda come un “predicatore di giustizia” che fu risparmiato assieme alla sua famiglia dalla distruzione del diluvio (2 Pt 2, 5).

Sarebbe inutile stare a ricordare la promessa divina fatta al patriarca, la costruzione dell’arca, il diluvio e tutto il resto. Qualche considerazione però non possiamo evitarla, anche perché esistono connessioni tra questi fatti e la nostra stessa salvezza.

Un’espressione dell’apostolo Pietro, dalla sua prima lettera (1Pt 3, 20-21), ci rivela la tipizzazione del diluvio in contrapposizione alla realtà del battesimo il quale aggiunge l’apostolo “ora salva anche voi”. “Come scamperemo noi se trascuriamo una così grande salvezza?” ci avverte l’autore della lettera agli Ebrei. (Eb 2, 3).

Non possiamo pertanto sottovalutare l’episodio di Noè, la cui vicenda ci deve anzi indurre a fare alcune riflessioni.

Certamente se Noè non avesse costruito l’arca sul modello rivelatogli da Dio, ben poche garanzie di salvezza gli sarebbero provenute dalla sua fantasia!

Anche noi, se traduciamo i significati riportandoli al nostro caso, come potremmo sperare di essere salvati oggi se respingessimo le misure indicateci da Dio? Il battesimo ci salva non perché abbiamo inventato noi questa soluzione di comodo, ma perché la sapienza divina ha scelto questa morte e resurrezione nell’acqua (Cl 2, 12), come segno di una rigenerazione spirituale. Anche Nicodemo aveva qualche difficoltà a comprendere la nuova nascita di “acqua e di spirito” che veniva da lui confusa con una nuova nascita fisica. Eppure egli era un “dottore della legge” ed avrebbe dovuto comprendere il significato spirituale delle parole di Gesù (Gv 3, 3-5.10).

Tanta gente, anche oggi come Nicodemo, immagina di trovare altre soluzioni personali per la propria salvezza, e si affida ciecamente a queste false illusioni esprimendole, predicandole ed insegnandole, ma alla fine saranno soltanto le parole di Cristo a rivelarsi come l’unica e definitiva soluzione, sarà soltanto il Cristo a donarci la salvezza. Non dovrebbe essere difficile immaginare quanti “dottori” si saranno affannati a spiegare a Noè che il suo barcone, costruito lontano dal mare, era inutile e non sarebbe servito a nulla. Noè tuttavia, ignorando le chiacchiere di questi “dottori” continuò imperterrito a costruire l’arca come gli aveva detto Dio, certo che essa sarebbe stata la salvezza della propria famiglia, assieme ai figli, nonostante che essi rappresentassero nella popolazione di allora soltanto una piccola minoranza.

La salvezza “attraverso l’acqua”, scelta da Dio per Noè allora, e per noi oggi, pur essendo un “dono” gratuito e immeritato, è pur sempre condizionata a talune forme di ubbidienza elementare. Noè dovette attuare il piano divino costruendo materialmente l’arca ed usando il materiale scelto da Dio, dovette misurarne le tre dimensioni geometriche (lunghezza, larghezza, altezza) e farle coincidere con i dati del progetto di Dio.

Anche noi, senza ricorrere a metri ed a legnami, possiamo preparare la nostra arca secondo le disposizione che ci sono state impartite da Cristo e dagli apostoli. Sappiamo molto bene che se ci manterremo a queste disposizioni otterremo anche noi, come Noè, la salvezza promessa. La costruzione della nostra arca di salvezza deve pertanto iniziare con l’udire la parola del Signore, credere che Cristo è il Signore, riconoscere la nostra debolezza umana di peccatori e ravvederci da ciò che eravamo un tempo. Ed infine confessare pubblicamente la nostra fiducia in Cristo che solo può sollevarci dalla nostra condizione di peccatori e facendoci battezzare nel Suo nome per morire al peccato e rinascere a nuova vita.