AMOS  é uno dei dodici cosiddetti "profeti minori". "Minori" non nel senso che siano meno importanti degli altri, ma perché abbiamo di loro soltanto degli scritti più brevi. Dalle parole del profeta AMOS, infatti, si possono trarre degli utili insegna­menti che fanno riflettere sulla nostra personale condotta di vita.

Il profeta AMOS é ritenuto il primo ed il più antico dei profeti che ci abbiano lasciato uno scritto delle loro profezie. Per rari pregi di forma e di sostanza il libro di AMOS é senz'altro degno di stare in testa all'inestimabile e ricca letteratura profetica. Aggiunge inoltre molto valore ai suoi scritti l'umile origine di questo profeta.

Le notizie biografiche di quest'uomo e l'epoca nella quale svolse la sua missione profetica, le possiamo desumere dal primo versetto del suo stesso libro.

Pecoraio di Tekoa (borgata ad 8 Km a Sud di Betlemme, ai limiti del deserto di Giuda), si guadagnava la vita con l'allevamento del gregge e con la coltivazione di si­comori, come ci informa lui stesso al cap. 7 v. 14.

Visse ai tempi di Ozia, re di Giuda, e di Geroboamo II°, re di Israele. Iniziò la sua missione due anni prima di un terremoto che funestò il regno di Giuda.

Per comprendere meglio lo spirito ed il contenuto del messaggio di AMOS, bi­sogna inquadrare un po' il periodo storico in cui visse ed operò. Dopo i regni di Saul, di Davide e di Salomone, la Palestina venne divisa in due regni: a Nord il regno di Israele e a Sud il regno di Giuda. Vari re si alternarono in questi due regni, alcuni si comportarono bene, altri invece gettarono il paese nell'idolatria.

AMOS, come abbiamo visto, visse e predicò sotto i regni di Ozia, re di Giuda che regnò dal 769 al 738 a.C.. e di Geroboamo II° che fu re di Israele dal 783 al 746 a.C.

I due lunghi e prosperosi regni recarono alla nazione ebraica potenza e ric­chezza, da gran tempo ormai non più godute. Da questo benessere generale ne traeva vantaggio anche la religione per l'abbondanza delle vittime immolate sugli altari e la fastosità dei riti. Ma, come sempre avviene in questi casi, la morale e la sincera pietà lasciavano molto a desiderare. I costumi peggioravano e gli Israeliti, abbagliati dal lusso e dalla ricchezza, si avviavano allegri ed incoscienti verso la rovina.

La situazione della Palestina di quei tempi rispecchia a grosse linee la situazione attuale in cui viviamo: Dopo un breve periodo di relativo benessere e tranquillità, du­rante il quale il tenore di vita é aumentato, stiamo ora subendo le conseguenze di un generale rilassamento dei costumi, dovuto sopratutto ad una dilagante indifferenza ed apatia in campo spirituale. Per molti aspetti quindi la scena in cui si venne a trovare AMOS parecchi secoli fa é molto simile a quella in cui stiamo vivendo noi oggi.

In questo particolare stato do cose, l'umile pastore di Tekoa si sente chiamato a predicare agli sconsiderati il ravvedimento e ad annunziare ai colpevoli gli imminenti castighi.

AMOS, giudeo, nato sotto il regno di Giuda, di umili condizioni, profetizzando, percorre le città di Israele, fronteggia coraggiosamente l'opposizione dei sacerdoti di Betel, il principale santuario del regno di Israele.

Egli rappresenta la protesta dell'uomo di Dio, umile, sincero e puro di cuore contro il conformismo ed il formalismo religioso imperante in quell'epoca.

Egli é un p0' la voce nascosta e molesta della coscienza del popolo ebraico che grida ed incita al ravvedimento ed al ritorno alla pura e genuina religione dei padri che non consisteva soltanto nei riti esteriori, nelle adunanze solenni e nelle feste pompose, ma anche in una orale più pura, in una giustizia più vera, più sincera ed in una purezza di cuore che erano ormai sconosciute.

Come avviene sempre in questi casi, quando qualcuno predica una verità che scotta, che tocca nel vivo, che mette, come si suol dire, il dito nella piaga, incontra l'opposizione delle autorità civili e religiose che hanno invece interesse a mantenere quello stato di cose. Perché da quello stato di cose esse traggono non solo autorità e prestigio, ma anche gli onori e le ricchezze che normalmente a questa autorità ed a questo sempre si accompagnano.

Al cap. 7 del libro di Amos vv. 10-13 troviamo infatti la reazione del sacerdote di Bethel di fronte all'energica e sferzante predicazione di AMOS:

"Allora Amatsiah, sacerdote di Bethel, mandò a dire a Geroboamo, re di Israele: «Amos congiura contro di te in mezzo alla casa di Israele; il paese non é in grado di sopportare tutte le sue parole. Amos infatti ha detto cosi: — Geroboamo morirà di spada e Israele sarà certamente de­portato lontano dal suo paese — »

Amatsiah disse ad Amos: «Veggente va, scappatene nel paese di Giuda; là mangerai pane e là profetizzerai; ma non profetizzare più a Bethel, perché é il santuario del re e la residenza reale»"

Il comportamento delle autorità religiose di fronte alla predicazione di Amos non é affatto eccezionale e non ci deve meravigliare. Anche la predicazione di Cristo venne a suo tempo osteggiata dalle autorità religiose. Le parole di Gesù ed il consen­so popolare che egli ottenne in occasione del suo ingresso trionfale a Gerusalemme non erano ben visti dai farisei e dai capi sacerdoti che cercavano in tutti i modi di far tacere questo sovvertitore dell'ordine pubblico il quale era riuscito con le sue parole ad accentrare su di sé l'interesse del popolo.

L'opposizione che incontrarono Amos e Cristo é molto simile a quella che do­vettero affrontare anche Pietro e Giovanni all'inizio della loro predicazione. Questi uomini, pur essendo tutti di umili condizioni, erano i portavoce di Dio e non si spa­ventarono di fronte all'opposizione dei capi religiosi perché essi avevano alle loro spalle una forza che superava quella di ogni uomo, essi avevano fiducia nel sostegno di Dio.

Amos rispose alle intimidazioni del sacerdote di Bethel con queste parole:

"Io non ero né profeta, né figlio di profeti, ma ero un mandriano e colti­vavo i sicomori. L'Eterno mi prese da dietro il gregge,  e l'Eterno mi disse: «Va, profetizza al mio popolo di Israele»" (Amos 7, 14-15)

Pietro e Giovanni risposero alle ingiunzioni dei capi sacerdoti di tacere con queste parole:

"Giudicate voi, se é giusto davanti a Dio ubbidire a voi piuttosto che a Dio. Poiché, quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che ab­biamo visto e udito" (Atti 4, 19-20)

Il profeta Amos, Cristo stesso e gli apostoli Pietro e Giovanni erano considerati ai loro tempi dei rivoluzionari. Essi dicevano delle cose che colpivano profonda­mente la coscienza della gente e provocavano nelle persone una reazione che poteva trasformarsi in conversione oppure in ribellione o inimicizia.

Il messaggio di Cristo di per sé stesso é un messaggio rivoluzionario, riusciamo a presentarlo alle persone con l'incisività e l'efficacia che esso richiederebbe? oppure non ci riusciamo perchè non siamo in grado di tradurre nella nostra vita pra­tica gli insegnamenti di Cristo?

Forse ci siamo troppo imborghesiti e mimetizzati nell'ambiente in cui viviamo per crearci magari una buona reputazione fra gli uomini senza preoccuparci di avere una buona coscienza con Dio.

Luca, nel suo Vangelo, a differenza di Matteo, riporta soltanto quattro beatitu­dini, ma la sua caratteristica principale consiste nel contrapporre ad ogni beatitudine la sua corrispondente maledizione.

E' importante leggere la quarta beatitudine e la corrispondente maledizione per poter capire se veramente ci preoccupiamo di essere ambasciatori di Dio fra gli uo­mini o se invece ci siamo rinchiusi nella torre d'avorio di uno sterile perbenismo.

In Luca cap. 6, 22-23 leggiamo:

"Beati voi, quando gli uomini vi odieranno, vi scomunicheranno  e vitu­pereranno, e bandiranno il vostro nome come malvagio, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia, perché ecco, il vostro premio  é grande in cielo; nello stesso modo infatti i loro padri trattavano i profeti"

Nella corrispondente maledizione, al v. 26, troviamo invece:

"Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché allo stesso modo facevano i padri loro verso i falsi profeti"

Se non rappresentiamo più una valida alternativa al formalismo religioso che ca­ratterizza i nostri tempi vuol dire che anche noi ci siamo conformati a questo mondo relegando la nostra religiosità ad una serie di atti formali ed esteriori.

Abbiamo esaminato la figura del profeta Amos che visse e predicò parecchi anni fa in Palestina. Come abbiamo visto, compito dei profeti era quello di denun­ziare i mali della società ed invitare il popolo al ravvedimento.

La vita e gli insegnamenti del profeta Amos rappresentano oggi anche per noi un invito al ravvedimento. Pur essendo trascorso parecchio tempo, il suo messaggio ed il suo esempio rimangono sempre attuali perché la situazione morale e religiosa non é sostanzialmente cambiata.

Oggi come ieri il formalismo religioso soffoca la verità e la giustizia.

Oggi come ieri é quindi più che mai necessaria l'opera di tanti Amos che dicano la verità, che mettano il dito nella piaga e non temano il giudizio della gente e non cerchino il favore degli uomini, ma siano soltanto preoccupati di essere accettevoli a Dio.